L’alluvione in Emilia Romagna: una tragedia che richiede più stato che volontariato

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L’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna il 16 e 17 maggio 2023 ha causato quattordici morti, vari dispersi, migliaia di sfollati, danni ingenti alle infrastrutture, alle colture e al territorio. Un evento eccezionale, dovuto a piogge abbondantissime concentrate in poco tempo su un suolo reso indurito e impermeabile da mesi di siccità. Un evento che ha messo in evidenza la fragilità degli argini dei fiumi e dei torrenti, spesso compromessi dall’opera dell’uomo, e la scarsa capacità di prevenzione e gestione del rischio idrogeologico da parte delle autorità competenti.

In questa situazione drammatica, la popolazione ha potuto contare solo sull’aiuto dei volontari, che si sono prodigati per soccorrere le persone in difficoltà, evacuare gli animali, ripulire le strade e le case invase dal fango, distribuire viveri e beni di prima necessità. Un esempio di solidarietà e generosità che merita tutto il nostro rispetto e la nostra gratitudine. Le istituzioni sono state presenti ma numericamente insufficienti, non riuscendo a far fronte alla gravità e all’estensione dell’emergenza. Una carenza che dimostra la necessità di potenziare le strutture e le risorse dedicate alla protezione civile e alla gestione del rischio idrogeologico.Tuttavia, il volontariato non può e non deve sostituire il ruolo dello Stato e delle istituzioni nella gestione delle emergenze e nella tutela della sicurezza dei cittadini. Il volontariato è una risorsa preziosa, ma non illimitata, che va coordinata e supportata da interventi strutturali e organizzativi adeguati. Non è accettabile che le strutture statali latitino o siano inefficaci di fronte a una calamità naturale di queste proporzioni. Non è tollerabile che il governo nazionale si limiti a dichiarare lo stato di emergenza senza attivare misure concrete per sostenere le popolazioni colpite e per prevenire il ripetersi di simili disastri.

Lo Stato e le istituzioni hanno il dovere di garantire la protezione civile, la manutenzione degli argini e delle infrastrutture, la pianificazione territoriale, l’assistenza sanitaria e sociale, il risarcimento dei danni, la ricostruzione delle abitazioni e delle attività produttive. Hanno anche il compito di promuovere la cultura della prevenzione e della resilienza, sensibilizzando i cittadini sui rischi idrogeologici e sulle buone pratiche da adottare in caso di alluvione. Hanno infine la responsabilità di contrastare i cambiamenti climatici, che sono alla base dell’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi.

Queste sono le misure concrete che ci aspettiamo dal governo nazionale e dalle autorità locali, non solo parole o promesse. Queste sono le misure concrete che possono fare la differenza tra una tragedia evitabile e una catastrofe inevitabile. Queste sono le misure concrete che possono restituire dignità e speranza alle popolazioni alluvionate.

L’alluvione in Emilia Romagna è una tragedia che richiede più di volontariato. Richiede una presa di coscienza collettiva sulle cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici, che rendono sempre più frequenti ed estremi gli eventi meteorologici. Richiede una politica seria e responsabile, capace di investire nella prevenzione, nella manutenzione, nella protezione del territorio e dell’ambiente. Richiede una società civile attiva e partecipe, che non si lasci sopraffare dalla rassegnazione o dalla paura, ma che sia protagonista del proprio futuro.

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