La California e il rischio di una crisi globale, il Nord rischia lo stesso destino?

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La California è lo stato più popoloso e ricco degli Stati Uniti, ma anche il più problematico. Negli ultimi anni ha dovuto affrontare una serie di crisi economiche, sociali, ambientali e politiche che hanno messo in discussione il suo modello di sviluppo e il suo ruolo nel mondo. La California è ancora il simbolo del sogno americano o ne rappresenta la fine?

Questa è la domanda che si pone Francesco Costa nel suo libro “California: la fine del sogno” (Mondadori), dove racconta con competenza e passione la storia e l’attualità di questo stato affascinante e controverso.Le cause e gli effetti delle crisi californiane sono paragonabili a quelle possibili di alcune città italiane come Milano, Venezia, Firenze e Bologna. Queste città sono state anch’esse dei simboli di successo economico, culturale e sociale, ma ora devono affrontare delle sfide e delle minacce simili a quelle della California.

“Sfortunatamente, qualsiasi cosa accada in California ha la tendenza a diffondersi altrove.

JIMMY CARTER”

La crisi californiana non è solo una crisi locale ma una crisi globale, che riguarda tutto il primo mondo. Una crisi che nasce dalla perdita di equilibrio tra crescita e sostenibilità, tra innovazione e inclusione, tra libertà e sicurezza, tra identità e diversità. Una crisi che richiede delle soluzioni urgenti e radicali, ma anche delle opportunità e delle potenzialità.

L’analisi si basa su una prospettiva di sociologia urbanistica, che studia le relazioni tra le trasformazioni sociali e quelle spaziali nelle città. La ricerca vuole mostrare come la crisi californiana sia il risultato di una serie di processi che hanno interessato le città del primo mondo negli ultimi decenni, come la globalizzazione, la finanziarizzazione, la digitalizzazione, la metropolizzazione, la polarizzazione e la frammentazione.

La globalizzazione ha reso le città sempre più interconnesse e interdipendenti a livello economico, politico e culturale, ma anche più esposte alle crisi e alle competizioni globali. La finanziarizzazione ha fatto delle città dei luoghi privilegiati per l’accumulazione di capitale e per la speculazione immobiliare, ma anche dei luoghi vulnerabili alle fluttuazioni dei mercati e alle bolle speculative. La digitalizzazione ha favorito l’innovazione tecnologica e la diffusione delle reti e delle piattaforme digitali nelle città, ma anche la creazione di nuove disuguaglianze e nuove forme di controllo sociale. La metropolizzazione ha portato alla crescita demografica e territoriale delle città, ma anche alla congestione, all’inquinamento e alla perdita di qualità della vita. La polarizzazione ha accentuato le differenze economiche, sociali e culturali tra le diverse aree e i diversi gruppi delle città, ma anche la conflittualità, l’esclusione e la violenza. La frammentazione ha prodotto una maggiore diversificazione e una maggiore mobilità delle persone e delle attività nelle città, ma anche una minore coesione e una minore identità.

Questi processi hanno generato una crisi multidimensionale nelle città, che si manifesta in diversi aspetti: una crisi economica, che si esprime nella stagnazione della crescita, nella precarizzazione del lavoro, nella riduzione dei servizi pubblici; una crisi sociale, che si esprime nell’aumento della povertà, della disuguaglianza, della marginalità; una crisi ambientale, che si esprime nel degrado del territorio, nel consumo di risorse naturali, nel riscaldamento globale; una crisi politica, che si esprime nella perdita di fiducia nelle istituzioni, nella frammentazione dei partiti, nella crescita dei populismi; una crisi culturale, che si esprime nella perdita di senso, di valori, di identità.

Questa crisi globale richiede delle soluzioni urgenti e radicali, che non possono essere affidate solo ai governi nazionali o alle organizzazioni internazionali. Le soluzioni devono partire dalle città stesse, che sono i luoghi dove si manifestano i problemi ma anche dove si possono trovare le risorse e le opportunità per affrontarli. Le città devono ripensare il loro modello di sviluppo e il loro ruolo nel mondo, cercando di conciliare la crescita con la sostenibilità, l’innovazione con l’inclusione, la libertà con la sicurezza, l’identità con la diversità. Devono diventare dei laboratori di sperimentazione e di innovazione sociale, economica, ambientale e culturale, capaci di coinvolgere e di mobilitare i cittadini, le imprese, le associazioni, le università e le altre istituzioni locali. Le città devono anche collaborare tra loro, creando delle reti e delle alleanze a livello regionale, nazionale e internazionale, per condividere le esperienze, le buone pratiche e le sfide comuni. Infine dialogare con i governi nazionali e le organizzazioni internazionali, per far valere le loro istanze e le loro proposte, per influenzare le politiche e le decisioni che li riguardano.

Queste sono alcune delle possibili soluzioni alla crisi globale che Costa propone nel suo libro. Soluzioni che non sono facili né scontate, ma che sono necessarie e possibili. Soluzioni che richiedono una visione strategica e una volontà politica da parte delle città. Soluzioni che richiedono anche una partecipazione attiva e una responsabilità civica da parte dei cittadini. Soluzioni che richiedono infine una speranza e una fiducia nel futuro da parte di tutti.

Quali sono le politiche delle città italiane per evitare questa crisi? Analizziamone alcune, basandosi su dati, testimonianze e reportage. 

È chiaro che ci troviamo di fronte a una sfida senza precedenti: come affrontare la crisi globale, che ha messo in evidenza le fragilità e le contraddizioni del modello di sviluppo urbano? Quali sono le politiche che le città italiane stanno adottando o potrebbero adottare per superare questa crisi e per costruire un futuro più sostenibile e solidale? Analizziamo alcune delle possibili soluzioni, con testimonianze e reportage. Tra queste ci sono:

  • La promozione dell’economia circolare per ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza. L’economia circolare è un modello che mira a minimizzare l’impatto ambientale delle attività produttive e dei consumi, attraverso il recupero, il riciclo e il riuso delle risorse. L’economia circolare può contribuire a ridurre le emissioni di gas serra, a preservare le risorse naturali, a creare nuove opportunità di lavoro e di reddito.
  • La promozione della mobilità sostenibile per ridurre l’inquinamento e migliorare la qualità dell’aria. La mobilità sostenibile è un modello che mira a favorire gli spostamenti a basso impatto ambientale e sociale, attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici, la diffusione della mobilità ciclabile e pedonale, la limitazione del traffico veicolare. La mobilità sostenibile può contribuire a ridurre le emissioni di polveri sottili, a migliorare la salute dei cittadini, a rendere più vivibili gli spazi urbani.
  • La promozione del turismo responsabile per ridurre la pressione turistica e valorizzare il patrimonio culturale. Il turismo responsabile è un modello che mira a garantire una fruizione equilibrata e rispettosa dei luoghi visitati, attraverso la regolazione dei flussi turistici, la sensibilizzazione dei visitatori, la valorizzazione delle identità locali. Il turismo responsabile può contribuire a ridurre gli impatti negativi del turismo di massa, a preservare il patrimonio storico-artistico, a sostenere lo sviluppo delle comunità locali.
  • La promozione dell’innovazione sociale per rispondere ai bisogni emergenti e favorire l’inclusione. L’innovazione sociale è un modello che mira a generare soluzioni creative e partecipative ai problemi sociali, attraverso il coinvolgimento degli attori del territorio, l’uso delle tecnologie digitali, la sperimentazione di nuovi servizi e modelli organizzativi. L’innovazione sociale può contribuire a rispondere ai bisogni emergenti legati alla povertà, alla disoccupazione, alla marginalità, alla solitudine, alla salute mentale.
  • La promozione della partecipazione civica per coinvolgere i cittadini nelle decisioni che li riguardano. La partecipazione civica è un modello che mira a rafforzare il ruolo attivo dei cittadini nella vita pubblica, attraverso la consultazione, il dialogo, la collaborazione con le istituzioni pubbliche e gli altri attori sociali. La partecipazione civica può contribuire a migliorare la qualità della democrazia, a rafforzare il senso di appartenenza e di responsabilità, a stimolare l’impegno civico e volontario.

In effetti queste politiche non sono solo delle ipotesi teoriche, ma sono già state adottate o sperimentate da alcune città italiane, che hanno saputo reagire alla crisi con creatività e resilienza. Tra queste ci sono:

  • Milano, che ha lanciato il piano “Strade aperte” per favorire la mobilità ciclabile e pedonale e per ridisegnare gli spazi pubblici in chiave più verde e sociale. Il piano prevede la realizzazione di oltre 35 km di piste ciclabili, la pedonalizzazione di alcune vie e piazze, la creazione di aree di sosta temporanee per i residenti e i commercianti. Il piano si inserisce nella strategia “Milano 2020” che punta a rendere la città più sostenibile e resiliente.
  • Venezia, che ha approvato il regolamento “Enjoy Respect Venezia” per regolamentare il flusso dei visitatori e per tutelare l’ambiente e la cultura della città. Il regolamento prevede una serie di norme di comportamento per i turisti, come il divieto di bivaccare, di gettare rifiuti, di tuffarsi nei canali, di usare biciclette o monopattini. Il regolamento prevede anche l’introduzione di un contributo di accesso alla città, che varia in base alla stagione e alla tipologia di visitatore.
  • Firenze, che ha avviato il progetto “Rinasce Firenze” per sostenere la ripresa economica e sociale attraverso l’innovazione digitale e culturale. Il progetto prevede la creazione di una piattaforma online che mette in rete le imprese, le istituzioni, le associazioni e i cittadini del territorio, offrendo servizi, informazioni, opportunità e iniziative. Il progetto prevede anche la realizzazione di eventi culturali e formativi, come mostre, concerti, laboratori, webinar.
  • Bologna, che ha consolidato il modello del “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani” per promuovere la partecipazione civica e la gestione condivisa dei beni pubblici. Il regolamento prevede la possibilità per i cittadini di stipulare dei patti di collaborazione con l’amministrazione comunale per prendersi cura o riqualificare degli spazi o dei servizi pubblici, come parchi, giardini, scuole, biblioteche. Il regolamento prevede anche il sostegno economico e tecnico da parte del comune.

Queste città rappresentano degli esempi virtuosi di come si possa affrontare la crisi globale a livello locale, ma anche di come si possa contribuire a risolvere la crisi globale a livello globale. Dimostrano che hanno ancora molto da offrire e da insegnare al mondo, ma anche che hanno ancora molto da imparare e da migliorare dal mondo. Queste città dimostrano che possono essere dei luoghi di speranza e di fiducia nel futuro.

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